Terribile la caduta dell’aereo Ethiopian Airlines. A morire, l’Italia migliore. Otto grandi italiani tra le vittime. Tutti impegnati, a vario titolo, in progetti umanitari, culturali, di sviluppo e aiuto alle popolazioni locali.
Li aiutavano a casa loro.
In silenzio. Senza pubblicità. Con un altruismo vero e sincero. Dobbiamo ricordarli adesso e per sempre.
Perché questi sono i nostri eroi della porta accanto. Quelli che senza medaglie, costruiscono il futuro per chi non sa nemmeno cosa sia, il futuro.
Paolo Dieci, fondatore del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli. Una vita spesa per mettere insieme forze per risollevare le zone più povere, complesse e pericolose del Pianeta. Lascia la moglie e tre figli.
Tre volontari di Africa Tremila, una onlus di Bergamo: Carlo Spini, medico in pensione, sua moglie Gabriella Vigiani, infermiera in pensione e il commercialista e tesoriere della onlus Matteo Ravasio. Tutti lì, per non guadagnare nulla ma solo per portare aiuto. Avevano già costruito un ospedale in Zimbabwe, un paese dilaniato dalla guerra. Pensate cosa significa. Adesso avevano anche un progetto per portare macchine agricole inutilizzate in Italia in Senegal. Fatti non parole. Non strombazzati in TV o sui social ma che hanno aiutato migliaia di persone, a casa loro.
Su quel maledetto aereo c’erano anche le giovanissime Virginia Chimenti e Maria Pilar Buzzetti, che lavoravano per il World Food Programme con Rosemary Mumbi. Giovani laureate con master in prestigiose università, dedite allo sviluppo sostenibile di popoli meno fortunati. E poi dicono che i giovani italiani sono “choosy”…
Con loro c’era il professor Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale, diretto a Malindi per un progetto dell’Unesco. Anche il suo immenso sapere inghiottito da questo atroce incidente che ci lascia tutti più poveri, oltre che sgomenti.